Dieta e Sclerosi Multipla pt. 2: tutto ciò che c’è da sapere (o quasi)

La dieta Paleolitica e la dieta Mima Digiuno: cosa sono e come funzionano

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Stefania Unida

Paleolitica o Mima Digiuno? In quest’articolo approfondiremo i due regimi alimentari per capire in che cosa consistono e che relazione hanno con la SM.

Dieta PALEOLITICA

I benefici dell’alimentazione dei nostri antenati sono stati descritti per la prima volta nel 1985 in una pubblicazione del Dottor Boyd Eaton nel New England Journal of Medicine. In seguito altri ricercatori si sono interessati all’argomento. Nel 2001 Loren Cordain ha pubblicato The paleo diet, un modello di dieta paleolitica adattato allo stile di vita americano.

Secondo il Dottor Boyd Eaton e molti altri ricercatori, i nostri geni, che dalla preistoria ad oggi non hanno quasi subito alcuna evoluzione, condizionano i nostri bisogni alimentari. L’analisi dei resti ossei ritrovati dagli antropologi e lo studio delle popolazioni che vivono ancora in modo preistorico (come ad esempio gli Ache in Paraguay) consentono di affermare che i cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore godevano di una buona salute generale: erano snelli, muscolosi, e sarebbero stati anche piuttosto alti per l’epoca, in quanto gli uomini misuravano fino a 1,70-1,80 m.

La salute dei nostri antenati ha invece subito un degrado a partire dall’epoca neolitica, segnata 10.000 fa dall’avvento dell’agricoltura. Da una cinquantina d’anni, infine, l’arrivo di cibi industriali sulle nostre tavole ha coinciso con un’impennata dell’obesità e delle malattie metaboliche (diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, etc). Secondo gli scienziati che hanno scritto sull’argomento, quindi, tornare a vivere secondo il modello paleo dovrebbe aiutarci a dimagrire, ritrovare le energie e difenderci dalle cosiddette malattie del benessere.

La letteratura sul regime paleolitico sostiene che l’alimentazione dell’uomo preistorico era in gran parte vegetale, basata su frutta e bacche, ortaggi selvatici e semi. La parte animale era costituita da selvaggina a carne magra ed eventualmente pesce, uova di diversi uccelli, insetti, larve, lumache e molluschi.

Gli alimenti raccomandati nella Paleodieta

La frutta di stagione: i piccoli frutti come fragole, lamponi, more, mirtilli, poveri di zuccheri e ricchi di antiossidanti, sono da preferire. Le verdure dovrebbero essere consumate ad ogni pasto e in gran quantità. Mandorle, nocciole, noci, semi di lino o di girasole etc, dovrebbero essere consumati per la colazione o le insalate. Forniscono i benefici grassi insaturi, proteine, fibre, minerali e vitamine. Le carni magre: pollame senza la pelle, bistecca, filet mignon di maiale, scaloppine di vitello etc. Ricco di omega 3 specifici, protettori del cuore e con azione antinfiammatoria, anche il consumo di pesce è raccomandato 2 volte alla settimana. Le uova apportano delle proteine di ottima qualità. Il Dottor Chevallier ne raccomanda 3-5 alla settimana. I nostri antenati preistorici non cucinavano, ma per condire o cucinare gli alimenti paleolitici, si raccomandano gli oli di oliva, noci o colza, che hanno il vantaggio di fornire degli omega 3 o 9, benefici per la salute.

Tra i cibi gratificanti, la paleo dieta autorizza piccole quantità di vino (1-2 bicchieri al giorno) e di cioccolato fondente con più del 70% di cacao (poco zuccherato). Proporzioni e numero dei pasti sono liberi. È consigliabile mangiare quando si ha fame, fino a sazietà. L’ideale sarebbe orientarsi verso alimenti bio privi di pesticidi, alcuni dei quali sono “perturbanti endocrini” che probabilmente contribuiscono all’obesità.

I cibi sconsigliati nella Paleodieta

Avena, grano e i suoi derivati (pane, pasta, semola), mais, orzo, riso, segale, etc, sono sconsigliati. Secondo gli specialisti dell’alimentazione paleolitica, l’essere umano non è geneticamente attrezzato per consumare cereali, che hanno un’elevata concentrazione di glucidi e quindi causerebbero un eccessivo innalzamento della glicemia (tasso di zucchero nel sangue) e quindi un’eccessiva produzione di insulina, che favorisce l’aumento di peso o addirittura l’insorgenza del diabete o delle malattie cardiovascolari. I cibi zuccherati, tra cui biscotti, marmellate, dolciumi, etc, sono ugualmente sconsigliati in quanto ancora più dei cereali innalzano troppo la glicemia e l’insulina, e sono inoltre privi di micronutrienti.

Nell’età paleolitica i latticini non esistevano, e quindi la solidità ossea dei nostri antenati era dovuta all’apporto di calcio contenuto in frutta e verdura e all’effetto alcalinizzante di un’alimentazione ricca di vegetali (l’alimentazione occidentale moderna, tendenzialmente acidificante, favorisce l’osteoporosi), nonché a un’adeguata esposizione al sole e quindi a un tasso ottimale di vitamina D. Nel caso in cui si desideri mantenere dei latticini nella dieta, andrebbero scelti quelli al naturale, senza zuccheri aggiunti. In generale i cibi industriali, dai piatti pronti ai cereali per la prima colazione, sono troppo ricchi di zuccheri, di grassi di cattiva qualità o di sale, i principali responsabili delle malattie metaboliche. Questi alimenti possono inoltre contenere diversi additivi, come coloranti e conservanti, la cui innocuità è stata più volte messa in discussione.

Lo studio dal titolo “Randomized control trial evaluation of a modified Paleolithic dietary intervention in the treatment of relapsing-remitting multiple sclerosis: a pilot study” (“Valutazione dello studio randomizzato di controllo di un intervento dietetico Paleolitico modificato nel trattamento della sclerosi multipla recidivante-remittente: uno studio pilota”), è stato pubblicato il 4 gennaio 2017 sulla rivista Degenerative Neurological and Neuromuscular Disease. Otto dei 17 pazienti SMRR coinvolti nello studio randomizzato di controllo sono stati sottoposti ad una dieta paleolitica modificata, in cui era stato eliminato totalmente l’apporto di glutine e latticini. I controlli sani (nove) hanno seguito il loro normale regime alimentare, senza alcuna dieta. Il processo è durato 3,5 mesi. I ricercatori hanno misurato la fatica associata alle normali attività quotidiane dei pazienti attraverso la Severity Scale Fatigue (FSS), una scala costituita di nove elementi ampiamente utilizzati. I punteggi FSS, nel gruppo che seguiva il regime dietetico Paleolitico, si ridussero di 1,4 punti, mentre aumentarono di 0,2 punti nei controlli sani.

Tutti i pazienti SMRR che seguivano la dieta ebbero anche più alti punteggi della qualità della vita. Tutti riportarono almeno cinque punti in più nella “Multiple Sclerosis Quality of Life–Mental health scale” (scala della qualità della vita e della salute mentale nei pazienti SM), mentre solo tre controlli sani mostrarono aumenti di punteggio simili. I pazienti a regime dietetico ebbero anche aumenti simili nei punteggi della “Physical health Quality of Life scale” (scala della qualità della salute fisica e della vita), rispetto ai controlli sani. Per entrambi i gruppi è stato necessario meno tempo per completare un test di funzionalità delle estremità superiori noto come 9-Hand Peg Test, ma il gruppo che seguiva la dieta paleolitica è stato più veloce, rispetto ai risultati preliminari. In particolare, il gruppo ha completato la porzione dominante della mano del test 15,1% più velocemente rispetto a prima del trial, e la porzione non dominante della mano 18,2% più velocemente. I risultati dei controlli, invece, erano stati il 3% e il 7,4% più velocemente dei risultati preliminari.

Dieta MIMA DIGIUNO

Nel 2016 la dieta del Mima Digiuno fu un vero e proprio tormentone. Il padre di questa rivoluzione alimentare è il Professor Valter Longo, genovese di nascita e americano di adozione. Valter Longo non è un nutrizionista che ha come obiettivo quello di far dimagrire i propri clienti, è bensì un Professore di Biogerontologia e Direttore dell’Istituto sulla Longevità all’USC (University of Southern California) – Davis School of Gerontology di Los Angeles e direttore del programma di Oncologia e longevità dell’IFOM di Milano. La Dieta del Mima Digiuno è il frutto di 25 anni di ricerca condotta dall’USC Longevity Institute e dall’IFOM di Milano, i quali hanno dimostrato che la dieta è capace di indurre un processo di “riparazione corporea” che avrebbe grossi benefici tra cui la riduzione dei sintomi della SM.

Il primo assioma del Dr. Longo rivede sostanzialmente il valore delle proteine. Lo scienziato ha dimostrato, con uno studio pubblicato su Cell Metabolism nel mese di Marzo 2014, che chi consuma oltre il 20% delle sue calorie sotto forma di proteine ha il 75% di rischio di mortalità in più (negli under 65, dopo la correlazione perde gradualmente rilevanza). Questo è dovuto al semplice fatto che le proteine sono il principale mediatore dell’ormone della crescita GH: vale a dire, più proteine si consumano, più ormone della crescita il corpo produce. Se questo meccanismo è utile nella fase di sviluppo di un adolescente, diventa pericolosa in fase adulta. Infatti, l’ormone della crescita è il predecessore dei fattori di crescita (IGF-1 e IGF-2), i quali fomentano la divisione cellulare aumentando la possibilità di sviluppare tumori, diabete e velocizzare i processi d’invecchiamento.

Lo studio prende spunto da una scoperta fatta in Ecuador dallo scienziato Jaime Guevara. Il ricercatore era rimasto colpito dalla singolarità di una piccola comunità di nani (i Laron, dalla sindrome da cui sono affetti) nella località di Quito, che tendeva a non sviluppare né diabete né cancro. L’anomalia ha incuriosito anche il Dr. Longo, con cui è nata una collaborazione nel 2002. Le ricerche hanno svelato che i Laron soffrono di una deficienza del ricettore dell’ormone della crescita, che impedisce la sua conversione in IGF-1, il potente fattore di crescita fondamentale nella fase di sviluppo. La carenza indiretta di IGF-1 li rende nani, ma allo stesso tempo li protegge in modo straordinario da tutte le malattie più comuni del nostro tempo, nonostante adottino un’alimentazione non particolarmente salutare e vivano in un’area dell’Ecuador dove le neoplasie hanno un’incidenza elevata. Morale della favola: o avete una carenza del ricettore dell’ormone della crescita, o risolvete la questione a monte, facendo sì che il vostro corpo produca meno ormone della crescita.

Il secondo assioma tratta del digiuno. Longo e la sua équipe hanno dimostrato, per la prima volta nella storia in modo estremamente ampio e approfondito, ciò che accade al nostro corpo quando non si mangia. La più importante conseguenza, oggetto di un secondo studio tuttavia in corso, è il ringiovanimento degli organi: «Da alcune prime indicazioni l’organismo torna a non essere resistente all’insulina, principale causa del diabete. Come a 18 anni. E la cosa migliore è che i benefici durano per almeno tre mesi». Il digiuno sembra portare il nostro corpo in uno stadio di rigenerazione, in cui si attiva la produzione interna di cellule staminali. Ciò provocherebbe anche un formidabile reset del sistema immunitario («Circa un terzo viene distrutto, e viene ricostituito durante il refeeding, quando ricominci a mangiare»). Dopo tre cicli di dieta mima digiuno, in altrettanti mesi, il 50% del nostro sistema immunitario dovrebbe essere completamente nuovo.

Somministrando tre cicli di dieta mima digiuno ad un gruppo di topi affetti da malattia autoimmune si è constatato la riduzione della patologia in tutti i topi ed addirittura portato al recupero totale nel 20% degli animali evidenziando miglioramenti nei linfociti ‘cellule T’, responsabili dell’autoimmunità. Longo spiega ancora che: «Da un lato, questa dieta che imita il digiuno uccide le cellule nocive del sistema immunitario poi, una volta che i topi ritornano alla dieta normale, si generano le cellule buone del sistema immunitario ma anche le cellule che producono mielina, consentendo a una percentuale di topi di raggiungere lo stato di indenne da malattia». La dieta mima digiuno è una dieta fortemente ipocalorica che viene mantenuta per 5 giorni, ma in genere quando parliamo di diete ipocaloriche, ci riferiamo a diete in cui viene ridotto drasticamente il consumo di grassi e carboidrati, in favore delle proteine: è la classica dieta che prescrivono i personal trainer. Lo scopo della dieta mima digiuno invece è quello di mandare volutamente l’organismo in carenza di glucosio e proteine.

La dieta è una dieta a base 100% vegetale, quindi con zero prodotti di origine animale. Il cuore della dieta mima digiuno sono le verdure cotte o crude condite con un cucchiaio di olio extra vergine d’oliva. A questo si aggiunge poca frutta secca (20 grammi o meno di noci) o qualche oliva. Tra le verdure potete scegliere tra spinaci, broccoli, porri, cipolle, carote, verza, fagiolini, sedano, cavolo cappuccio, zucchine, pomodori etc. Sono assolutamente da evitare le patate per l’alto contenuto di amidi e l’alto indice glicemico, stesso discorso per i legumi e la soia, che vanno evitati per l’alto contenuto di proteine. Gli zuccheri semplici sono totalmente assenti. I carboidrati ci sono, ma scordatevi l’abuso di cereali e frutta, provengono principalmente dalla verdura. È invece relativamente alto il contenuto di grassi, ma attenzione, solo quelli buoni: come detto, olio d’oliva extra vergine, olive, noci o altra frutta secca. Le proteine sono inevitabilmente bassissime e questo è uno dei punti fondamentali della dieta mima digiuno.

Studi più recenti hanno analizzato le sempre più popolari FMDs (Fasting-mimicking diets – diete mima digiuno), che possono differire sia nel numero di giorni di digiuno sia nel numero di cicli. Nel Regno Unito i ricercatori hanno testato tre tipi differenti di FMD sui topi, in cui l’assunzione di cibo è stata limitata per tre giorni su ogni sette. Hanno poi condotto uno studio pilota che ha coinvolto un certo numero di persone con SM, in cui il paziente veniva fatto digiunare un solo giorno su ogni sette giorni.

I risultati hanno suggerito che i topi sottoposti a tale dieta avevano aumentato i livelli di un ormone chiamato corticosterone, che è coinvolto nella risposta allo stress nei topi. La dieta, inoltre, ha determinato una riduzione del numero di cellule immunitarie che attaccavano la mielina, ed ha anche contribuito a promuovere la riparazione della guaina mielinica.

In uno studio pilota con 60 partecipanti condotto da Markus Bock al Charité University Hospital di Berlino - Università partner di MyTherapy - i ricercatori hanno dimostrato in primo luogo la sicurezza della terapia e la reale efficacia sulle persone affette da SMRR. Alcuni pazienti sono stati sottoposti alla dieta del Mima Digiuno per un ciclo di 7 giorni e una dieta Mediterranea per 6 mesi e poi confrontati con un altro gruppo di pazienti che continuavano a mangiare seguendo la loro normale dieta.

La ricerca ha dimostrato che i pazienti sottoposti alla dieta hanno riportato miglioramenti della qualità della vita e della condizioni psico-fisica. I ricercatori, infatti, hanno riferito che le persone che hanno seguito la FMD hanno registrato un lieve miglioramento del valore della Disability Status Scale (EDSS) beneficiando di un evidente miglioramento della qualità della vita rispetto a quelli che hanno seguito la loro normale dieta. Inoltre, per ulteriori sei mesi 12 partecipanti hanno seguito una dieta controllata e altri 18 hanno seguito una dieta chetogenica e cioè una dieta iperproteica con un alto apporto di proteine che si basa principalmente sul meccanismo della chetosi o acetonemia (alterato metabolismo del glucosio che porta a una prolungata ipoglicemia e ad un accumulo di corpi chetonici nel sangue).

Va detto che lo studio ha coinvolto relativamente poche persone ed è durato solo sei mesi, per cui è difficile trarre conclusioni circa la sicurezza a lungo termine e l’efficacia di questo tipo di dieta per le persone con SM. Inoltre non è facile valutare se gli effetti osservati erano dovuti al singolo giorno di digiuno o se è stata la dieta mediterranea a determinare i vantaggi rispetto alla dieta normale del gruppo di controllo.


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